Kilometro Rosso

Ho appena inviato questa lettera alla redazione de L’Eco di Bergamo… voglio vedere se me la pubblicano

Adés basta. Ne avete raccontate a sufficienza. Prima Bombassei che piange miseria, e ora Giorgio Gandola che rincalza la dose additando l’immobilismo bergamasco. Sono un gia’ matricola del Politecnico di Milano, ex imprenditore e libero professionista in Italia. Disilluso, della politica e dell’imprenditoria italiana. Vivo a Berlino da 2 anni, in Germania oramai da 4.

Ho cercato per una decina d’anni di far coesistere studio e lavoro, in un mercato asfissiato dalle posizioni di monopolio delle tanto osannate grandi aziende. Ho dato supporto alle piccole e medie imprese tra le provincie di Milano, Bergamo, Brescia, Lodi e Pavia. Cercando di fare l’artigiano, in ambito tecnologico. Ho avuto pure il sogno di industrializzare e far crescere le mie idee. Sogno che si e’ infranto contro il muro della tassazione FOLLE, delle banche che non concedevano NULLA, e delle ditte grosse che pretendevano di usare, e tutt’ora usano, quelli come il sottoscritto alla stregua di banche… non pagando o dilazionando in maniera oscena i pagamenti.

Ho pure cercato di trovare un ufficio, era il 2007, durante l’apice di questa bolla immobiliare che e’ poi scoppiata, mi sono recato anche al Kilometro Rosso di cui si parla tanto. Ricordo ancora lo shock nel sentirmi richiedere qualcosa come 50mila euro /anno di affitto o 500 mila euro di mutuo nel caso di un acquisto per un ufficio di un centinaio di metri quadri. E li ho capito… era solo una maledettissima attivita’ di speculazione immobiliare che nulla aveva a che vedere col rilancio dell’economia e della competitivita’ bergamasca e italiana. La lettera di Bombassei e’ la riprova ennesima della pochezza della classe imprenditoriale italiana, che e’ brava a fare imprenditoria solo con i soldi di pantalone. Ricordo ancora la migliaia di volte che siamo dovuti correre ai ripari per dare soldi a una FIAT in crisi, pronta sempre a ricevere aiuti, ma mai a ridare allo stato i soldi degli incentivi o della cassa integrazione.

Basta, ridicoli. Siete, qui vi parlo direttamente, voi imprenditori italiani, la vergogna del paese. Incapaci di fare investimenti e piani sul lungo periodo, sempre pronti a tagliare sul personale e a delocalizzare all’estero. Sono cresciuto in quella che veniva chiamata, dai locali, la “rubber valley”. In provincia di Bergamo, a cavallo tra Franciacorta (Brescia) e la Val Calepio, si produceva, prima della crisi cinese, il 95% delle guarnizioni del MONDO. Avevano tutti soldi a palate per suv e villoni… invece di reinvestire per garantire ricchezza sul territorio, hanno preferito tutti chiudere e spostare all’estero la produzione. Codardi.

Dicevo, vivo a Berlino, dove si stanno concentrando in maniera rocambolesca una quantita’ improponibile di aziende del settore informatico tecnologico, imprenditori, investitori e tecnici specializzati come il sottoscritto. La tecnica e’ sempre la stessa… un singolo investitore e’ capace di buttare soldi, da 1 milione a 3 milioni di euro, in una decina di aziende, sapendo che solo una avra’ successo e lo ripaghera’ dell’investimento. Io, in Italia, una roba del genere non l’ho mai vista.

Memore della pessima esperienza italiana, ho preferito non lanciarmi nell’avventura di un paio di ex colleghi che avevo in Vodafone a Düsseldorf: L.Bonmassar e F.Feroldi. Hanno avuto un’idea, mentre ci sfidavamo tra codici di programmazione, e l’hanno fatta crescere. Hanno dovuto evitare come la peste di aprire una SrL italiana, e un finanziatore italiano che a momenti avrebbe chiesto loro un rene se avesse potuto. Sono riusciti a vendere, e sono finiti in California. (cercate: Coderloop, Gild)

Un altro ex collega di universita’, A.Vaccari, ha stretto i denti, ha fatto una vita da fame in america credendo fino all’ultimo nel suo sogno, e alla fine e’ riuscito a farsi comprare (cercate: Glancee) da Facebook. E ora lavora per loro.

Non sto qui a elencare la valanga di tecnici specializzati che conosco che hanno mollato l’Italia per andare da Facebook, Amazon, Google, e moltissime altri aziende sparse per il pianeta. Perche’? Perche’ in Italia non ci sono infrastrutture, non ci sono investimenti, non c’e’ una valutazione del merito, e NON CI SONO IMPRENDITORI

Ho dato, al solito le mie vacanze in Italia vengono rovinate da qualche notizia fastidiosa. Stavolta sono stati 2 articoli sul L’Eco di Bergamo a riesumare l’astio e l’impotenza di fronte alle cose che non vanno in una nazione piena di potenziali (perennemente) inespressi come l’Italia

Bombassei, vada a piangere miseria da un’altra parte. E non cerchi di spacciare un investimento puramente immobiliare andato male per un centro di ricerca.

UPDATE: ovviamente dal L’Eco di Bergamo nessuno si e’ fatto sentire… nel frattempo, cercando per altro… ho trovato dei dati interessanti:

– Germany’s highest start-up rate: 2.67 percent and 80,000 new businesses registered per year
– Home of successful start-ups, including 6Wunderkinder, Amen, Gidsy, SoundCloud, wahwah.fm and Wooga
– Attractive start-up-incubator for investors, international Business Angels and VCs, including Ashton Kutcher, Earlybird, Rocket Internet, Springstar and Team Europe
– Meeting Point of the entrepreneurial scene with events such as the re:publica, NEXT, medienwoche@IFA, deGut, etc.
– Attractive financing and funding instruments

src: MEDIA AND CREATIVE INDUSTRIES in Berlin-Brandenburg

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